Alessandro Agresti
Leggi i suoi articoliRisale ad epoca tardo rinascimentale la fondazione dell’attuale chiesa di Santa Maria in Monserrato, risultante dalla costruzione di una serie di edifici per assistenza e accoglienza sia di pellegrini che di malati provenienti dalla penisola iberica: col tempo essa divenne la chiesa nazionale spagnola. E proprio grazie ai generosi contributi di pii connazionali venne eretta l’attuale, severa facciata, su progetto di Francesco da Volterra, la cui metà destra era conclusa intorno al 1584, il resto intorno al 1593; per la parte superiore si dovette attendere addirittura l’Ottocento.
Inconsueto l’intervento in marmo e stucco di Carlo Monaldi che qualifica l’entrata, dove uno scenografico antro di rocce accoglie la Vergine intenta a leggere le sacre scritture a un vivace e sgambettate Gesù Bambino che forse preferirebbe giocare. Per l’austero interno a navata unica, con tre cappelle per lato, ci si attenne al progetto originario di Antonio da Sangallo in giovane: rimaneggiati soffitto a abside nel XIX secolo da Giuseppe Camporese, l’iconica pala d’altare di Siciolante da Sermoneta con la «Crocifissione», improntata alla più pia devozione, di forte ascendenza michelangiolesca, dalla cromia vivace, spicca agli occhi del visitatore che entra nell’edificio.
Ancor più pregevoli le opere ospitate nelle cappelle: ecco allora la solenne scultura di Jacopo Sansovino con San Giacomo, forse il suo capolavoro romano, col santo pellegrino dalla possente volumetria colto mentre incede fiero e quasi eroico e pare voler uscire dall’altare che lo ospita. Commovente la pala d’altare di Annibale Caracci con «San Diego di Alcalà presenta il figlio di Juan de Herrera a Gesù», che la critica più recente tende a considerare autografa: proveniente dalla cappella di famiglia a San Giacomo degli Spagnoli, è ora qui ricoverata (gli affreschi, staccati, sono divisi tra il Prado di Madrid e il Mnac di Barcellona) e rappresenta uno dei più alti esiti della fase estrema della carriera del pittore.
Pochi sanno che il chiostro di Santa Maria in Monserrato conserva una delle più complete teorie di sepolcri del Rinascimento romano: essa inoltre ospita una delle prime prove di Gian Lorenzo Bernini, il «Monumento funebre del cardinale Pedro da Montoya», che sporge altero dalla sua nicchia osservando il riguardante, la cui fisionomia è restituita con una tale vividezza, nell’acuto realismo che la informa, da stupire al tempo del suo disvelamento lo stesso Maffeo Barberini, che il Montoya conobbe e frequentò di persona.
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